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Pubblicato il 06.09.2023

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: la presenza straniera in Veneto, tra flussi migratori e partecipazione al mercato del lavoro

Tiziano Barone, Direttore di Veneto Lavoro, Letizia Bertazzon e Ilaria Rocco, analiste dell’Osservatorio regionale Mercato del Lavoro, intervengono nel dibattito in corso sulla necessità di lavoratori dall’estero


Secondo l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), la tendenza della popolazione a spostarsi sul territorio, da un luogo all’altro, è una caratteristica che nel corso delle varie epoche storiche ha interessato quasi tutte le società del mondo. Pur cambiando nel tempo, le migrazioni continuano ad interessare una quota rilevante della popolazione mondiale, seppure minoritaria (il 3,6% nel 2020). 

Anche l’Italia, ed il Veneto in particolare, hanno conosciuto a partire dagli anni ’90 un progressivo incremento degli arrivi dall’estero, con una crescita esponenziale a cui hanno contribuito molteplici fattori: dall’allargamento dell’UE alle sanatorie e regolarizzazioni ripetutamente attivate, dalle dinamiche economiche agli andamenti del mercato del lavoro, che congiuntamente hanno influenzato la specifica connotazione assunta dai flussi migratori susseguitisi nel tempo.

I cittadini stranieri o, in senso più ampio, le persone con background migratorio – visto che oramai sono in molti ad aver acquisito la cittadinanza italiana – rappresentano da diverso tempo una componente strutturale della popolazione residente in regione. Hanno avuto ed hanno un ruolo fondamentale nel sostenere le dinamiche demografiche di una popolazione altrimenti destinata già da tempo a ridursi; hanno avuto ed hanno un ruolo sostanziale nel mercato del lavoro, rappresentando una risorsa imprescindibile per far fronte ad un fabbisogno di lavoratori (più o meno specializzati) di cui oggi più che mai il sistema produttivo regionale lamenta la mancanza.

Secondo gli ultimi dati censuari disponibili, al 1° gennaio 2022 gli stranieri regolarmente presenti nel territorio regionale sono poco più di 493mila (494mila al 1° gennaio 2023 secondo i dati provvisori rilasciati dall’Istat), pari al 10,2% della popolazione residente. Per i 3/4 si tratta di persone in età lavorativa (15-64 anni); i giovani under 15 sono il 20%, gli over 64 il 5%.

In Veneto, analogamente a quanto avviene nelle altre regioni italiane e negli altri Stati dell’Unione Europea, la maggior parte dei cittadini stranieri oggi presenti proviene da Paesi terzi. I cittadini non comunitari censiti nel territorio regionale sono complessivamente 345mila, il 70% della presenza straniera totale, di cui 100mila dal continente africano e 105mila da quello asiatico. Secondo gli ultimi dati di fonte Istat disponibili sui permessi di soggiorno in essere possiamo stimare che in circa il 70% dei casi si tratti di soggiornanti di lungo periodo; nel 30% di titolari di un permesso di soggiorno a scadenza. Tra questi ultimi ci sono soprattutto i permessi per motivi familiari (il principale motivo di ingresso in Italia nel periodo in cui le quote per lavoro sono risultate particolarmente contenute), mentre i titolari di un permesso per asilo/motivi umanitari rappresentano circa il 2% del totale dei permessi di soggiorno.

Nel corso del 2021, dopo il rallentamento avvenuto con la pandemia, i nuovi ingressi di cittadini non comunitari sono tornati a crescere attestandosi attorno alle 22mila unità e, nonostante il graduale allargamento delle quote di ingresso per lavoro, sono sempre i motivi familiari a determinare la componente principale degli arrivi in Veneto. Rispetto al totale dei nuovi permessi di soggiorno rilasciati in regione nel 2021 – di cui 1/3 riferito a minori ed i 2/3 a persone con più di 18 anni – il 59% è risultato associato a motivi familiari, il 25% al lavoro, il 6% a ragioni ricondotte dall’Istat alla voce “asilo, richiesta asilo e motivi umanitari”. 

La maggior parte dei permessi di soggiorno consente al titolare di svolgere regolarmente un’attività lavorativa o di seguire un tirocinio formativo e molte sono le persone che una volta giunte in Italia entrano (prima o poi) nel mercato del lavoro.

Se, in generale, è possibile affermare che non c’è mai un solo fattore che spinge le persone ad emigrare, il denominatore comune alla base delle scelte che vengono fatte è sempre il desiderio, più spesso la necessità, di spostarsi altrove per migliorare la propria condizione e quella della propria famiglia. Quasi sempre, la realizzazione di questo obiettivo implica (o impone) l’accesso o la ricerca di un’opportunità lavorativa.

Spesso ragioni economiche e motivi umanitari si intrecciano in modo indissolubile e se nella maggior parte dei casi la possibilità di entrare a far parte del mercato del lavoro nel paese di destinazione è l’obiettivo prioritario, immediato, di chi emigra, in altri è subordinato alla necessità prioritaria di raggiungere condizioni di vita accettabili, lasciandosi alle spalle situazioni di pericolo e grave difficoltà, come nel caso di chi fugge da guerre, conflitti, persecuzioni, calamità naturali, ecc. 

Secondo l’Onu oltre i 2/3 dei migranti internazionali oggi emigrano alla ricerca di un lavoro poiché esso è considerato il mezzo prioritario (della persona o della famiglia) di affrancamento ed emancipazione. Per questa categoria di persone l’ingresso nel mercato del lavoro dopo l’arrivo nel paese di destinazione è spesso immediato ed avviene, in un certo senso, sulla base di un processo di selezione (più o meno esplicito, spesso informale e legato a reti di connazionali) che opera da canale di primo inserimento nel mercato del lavoro (talvolta, purtroppo, anche nell’ambito dell’illegalità e dello sfruttamento).

Diverso, invece, è il discorso che va fatto nel caso delle migrazioni legate a ragioni umanitarie, spesso identificate come migrazioni forzate. Anche per le persone che raggiungono (irregolarmente) il nostro Paese per sfuggire a situazioni di difficoltà e richiedono il  riconoscimento di uno status di protezione, il lavoro può rappresentare un inevitabile strumento di affrancamento ed acquisizione di autonomia. E proprio per il fatto che il lavoro costituisce un importante fattore di relazione ed integrazione, l’articolo 15 della direttiva sulle condizioni di accoglienza (2013/33/UE) prevede che gli Stati membri dell’UE garantiscano l’accesso dei richiedenti al mercato del lavoro; l’articolo 26 della direttiva qualifiche (2011/95/UE) riconosce il diritto dei rifugiati e di coloro che hanno ottenuto lo status di protezione sussidiaria di esercitare un’attività dipendente o autonoma. Entrambe le direttive sono state recepite dall’ordinamento giuridico italiano.

In generale, sia che si tratti di migrazioni economiche sia che si faccia esplicitamente riferimento ai motivi umanitari, l’ingresso nel mercato del lavoro deve essere opportunamente accompagnato e sostenuto. Talvolta l’inserimento al lavoro presenta elementi di forte criticità sia per la presenza di condizioni di vulnerabilità particolarmente invalidanti, sia per la mancanza dei requisiti minimi, non solo professionali, per poter accedere ad un’occupazione. L’attivazione di percorsi specifici, o adeguatamente costruiti, oltre che l’inserimento nei programmi di politica attiva esistenti è una prerogativa fondamentale per un buon inserimento occupazionale e, in questo senso, giocano un ruolo fondamentale i servizi pubblici per l’impiego, con i Centri per l'impiego in prima linea nel processo di accompagnamento ed inserimento lavorativo. Nel caso delle migrazioni economiche andrebbero invece rafforzati e ripensati i meccanismi di ricerca e selezione all’estero, anche attraverso forme di cooperazione in grado di offrire a chi intende spostarsi tutele, percorsi di accompagnamento e, non da ultimo, formazione.

Oggi, la maggior parte dei cittadini non comunitari con più di 15 anni residenti in Veneto risulta attiva nel mercato del lavoro: secondo Istat nel 2022 gli occupati non comunitari erano circa 163mila (dipendenti ed indipendenti), rappresentando una quota sul complesso degli occupati in regione pari all’8%, superiore a quella registrata a livello nazionale (7%). A questa vanno ad aggiungersi le persone in cerca di occupazione, mediamente 15mila nell’anno (il 16% del totale delle persone in cerca di occupazione).

In base ai dati Silv (Sistema informativo lavoro Veneto), nell’ultimo quinquennio i nuovi ingressi di non comunitari nel mercato del lavoro dipendente in regione sono stati mediamente circa 30mila l’anno. Di questi, è ipotizzabile che solo una parte minoritaria faccia riferimento a soggetti arrivati direttamente dall’estero (per lavoro o per altri motivi); mentre in prevalenza (nei 3/4 dei casi) si tratta di lavoratori giunti da altri territori italiani, emersi da situazioni di irregolarità, entrati per la prima volta nel mercato del lavoro (es. giovani, donne, ecc.) oppure anche transitati dal lavoro autonomo.

Complessivamente, nel 2022 le assunzioni di cittadini non comunitari effettuate dalle unità produttive localizzate in regione sono state poco meno di 200mila, i lavoratori coinvolti 125mila. A queste assunzioni si aggiungono circa 2.600 tirocini attivati da pressoché altrettanti soggetti. In particolare, le attivazioni riguardanti richiedenti asilo sono state circa 16.300 in tutto il Veneto, con circa 10 mila soggetti coinvolti, prevalentemente con contratto a tempo determinato (63%) o in somministrazione (20%). Il 22% delle attivazioni contrattuali ha interessato il settore agricolo, il 17% l’industria (soprattutto alcuni ambiti del manifatturiero locale) ed un altro 61% i servizi (attività turistico-alberghiere e servizi di pulizia e vigilanza). Si tratta prevalentemente di uomini (86%), in molti casi pakistani, nigeriani e del Bangladesh. Rilevante è pure la presenza di richiedenti asilo provenienti dal Marocco, dall’Ucraina, dal Gambia e dal Senegal.

Circa 11.600 attivazioni, sempre nel 2022, hanno invece interessato titolari di un permesso di soggiorno per asilo, ragioni umanitarie o protezione. Si tratta di circa 7.700 soggetti, soprattutto ucraini, pakistani e nigeriani, che hanno fatto il loro esordio nel mercato del lavoro provinciale nella maggioranza dei casi nel corso degli ultimi 2 anni.

 

 

Tiziano Barone, Direttore di Veneto Lavoro 

Letizia Bertazzon, Osservatorio regionale Mercato del Lavoro 

Ilaria Rocco, Osservatorio regionale Mercato del Lavoro

 

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