Archivio notizie

Pubblicato il 19.06.2018

La storia del lavoro in Veneto: l’Arsenale di Venezia e la cantieristica veneta

Le origini storiche dell’Arsenale e della vocazione cantieristica del territorio veneto tra tradizione e innovazione

Per il turismo in Veneto il 2017 è stato un anno da record: secondo i dati dell’Ufficio di Statistica della Regione del Veneto, infatti, gli arrivi nella nostra regione hanno raggiunto lo scorso anno quota 19 milioni (+7,4% rispetto al 2016) e le presenze sono stimate in circa 70 milioni (+5,8%). Valori positivi provengono sia dai flussi turistici italiani (+5,2% negli arrivi e +3% nelle presenze) sia dalla componente straniera che, anche quest’anno, ha ampiamente dimostrato di apprezzare le mete venete (+8,6% arrivi, +7,1% presenze). Risultati resi possibili anche dallo sviluppo del fenomeno crocieristico, del quale Venezia rappresenta non solo un’imperdibile meta turistica ma anche un importante polo produttivo.

Nel novero delle specialità dello storico cantiere navale “Ernesto Breda” di Marghera, ora Fincantieri, rientra, infatti, anche il varo di questa particolare tipologia di naviglio. Tra le navi completate, a spiccare per numero di unità prodotte e mole delle stesse sono quelle della Costa Crociere, grazie a una proficua sinergia instauratasi a partire dai primi anni ’90 tra il cantiere veneziano e la compagnia di navigazione.

L’odierna attività del cantiere si discosta parecchio dalla sua vocazione primaria. Inaugurato nel 1917 come primo tassello per l’edificazione del polo industriale di Marghera, le finalità originarie prevedevano una produzione di imbarcazioni adibite a finalità commerciali nonché a scopi bellici: fu qui, ad esempio, che venne varata, il 5 ottobre 1942, la corvetta “Baionetta” (classe “Gabbiano”), passata alla storia perché a Ortona, il 9 settembre 1943, vi salirono a bordo il Re Vittorio Emanuele III, la famiglia reale e il relativo seguito.

Nel periodo tra le due Guerre Mondiali il cantiere, a pieno regime produttivo, impiegava circa 5.000 dipendenti. Numeri che, oltre a sottolinearne l’impulso occupazionale, consentono un parallelismo con una ben più storica presenza all’interno del panorama urbano di Venezia: l’Arsenale, capace di dare lavoro a maestranze che nei momenti di più febbrile attività oscillavano tra le 4.500 e le 5.000 unità.

La sua origine, di datazione incerta, trae sicuramente principio dalla temperie medievale. Il cronista francese Goffredo di Villehardouin, ad esempio, si stupiva della sua complessità già agli inizi del Duecento. Dalla sua cronaca sappiamo, inoltre, che la città di Venezia era capace di mettere in mare una flotta poderosa in un lasso di tempo sorprendentemente breve, merito indubbiamente della maestria degli artigiani che vi lavoravano.

Il successo, tuttavia, va ricercato nella certosina organizzazione del lavoro, immortalata dallo stesso Dante all’interno del XXI canto dell’Inferno, nonché in alcune peculiarità che contraddistinsero l’Arsenale fino alla fine delle sue vicende storiche. Tra queste ultime spicca certamente la strategia di tenere costantemente ferme in darsena alcune imbarcazioni parzialmente terminate. Così facendo, la Serenissima abbatteva sensibilmente il costo di gestione, in tempo di pace, della flotta da guerra e, al contempo, si garantiva una riserva sempre pronta all’uso: per prendere il mare, le navi necessitavano, infatti, di operazioni limitate, come ad esempio il rifornimento di remi o, nel caso delle navi a propulsione velica, l’installazione dell’opportuno apparato velico.

Osservandolo più da vicino, l’Arsenale appare inoltre, con i giusti distinguo del caso, un valido esempio di catena di montaggio preindustriale. Tutte le parti necessarie alla realizzazione di una imbarcazione venivano, infatti, prodotte all’interno dell’Arsenale stesso, mediante norme e misure standardizzate. Le componenti così ottenute, dal sartiame alle assi che costituivano la chiglia di ogni singola imbarcazione, andavano successivamente a convergere negli spazi propriamente adibiti alla produzione finale, ove gli Arsenalotti, gli operai stipendiati direttamente dall’autorità repubblicana, operavano all’assemblaggio conclusivo.

Un altro tratto che caratterizza profondamente la storia dell’Arsenale è certamente il suo continuo aggiornamento tecnologico e progressivo ampliamento delle capacità produttive e del know-how tecnico. Aspetti che si possono evincere dall’attuale planimetria del complesso. I circa 478 mila mq. di estensione odierna sono, infatti, il frutto di interventi susseguitisi nei secoli e dovuti alle numerose innovazioni in campo nautico, come l’introduzione di artiglierie di bordo o il progressivo passaggio da navi a remi a imbarcazioni a vela.

L’Arsenale, tuttavia, non costituì mai un unicum all’interno del tessuto cantieristico lagunare. È quindi da considerarsi piuttosto come il punto di convergenza di una plurisecolare vocazione che contribuisce a unire la città lagunare alla cantieristica. Un esempio di tale rapporto privilegiato si può scorgere nella pluralità di piccoli cantieri (squeri) che hanno caratterizzato buona parte del panorama urbano veneziano edificando la loro fortuna sulla fabbricazione di naviglio mercantile e di piccolo cabotaggio.

Vocazione che oggi, nonostante il mutamento dei secoli, persiste nelle attività cantieristiche di Porto Marghera e degli innumerevoli cantieri diffusi lungo i nostri territori.
 

Tutti gli articoli della rubrica "La storia del lavoro in Veneto" sono disponibili nella Press Area di ClicLavoro Veneto.

  • Fonte: Redazione ClicLavoro Veneto

Informazioni

Informazioni

Banner Regione Veneto

Banner Veneto verso 2030