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Pubblicato il 09.06.2022

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: quanto vale il welfare in Veneto?

Silvia Cavallarin di Veneto Welfare riflette sul ruolo e sul peso del welfare territoriale e aziendale per rispondere alle diseguaglianze economiche e sociali che la pandemia ha contribuito ad aggravare e per contribuire al rilancio del nostro Paese


Nel 2020 la spesa per welfare privato a carico delle famiglie per integrare le prestazioni pubbliche per pensioni, sanità e assistenza è stata pari a 98,5 miliardi di euro. Di questi, il 46% è destinato alla sanità, cui seguono 33,4 miliardi di euro destinati alla gestione della non autosufficienza, come costi sostenuti dai singoli e dalle famiglie, fino ad arrivare alla previdenza complementare, che nel 2020 registra una crescita dei contributi versati dagli iscritti ai fondi pensione (+2,4%), per un totale di 16,5 miliardi di euro.

Il Veneto vale il 10% nazionale, ovvero circa 9,8 miliardi di euro, ed è proprio la rilevanza di questo dato ad aver spinto Veneto Welfare a promuovere un’iniziativa denominata le “Stagioni del Welfare”, nella quale si sono affrontati temi quali il “ruolo delle Casse di Solidarietà Aziendale” e gli “Accordi di welfare territoriale per le piccole imprese”.

Nel corso degli incontri, svolti in modalità online per favorire la massima partecipazione, si è presentata una panoramica della normativa vigente e si sono affrontati i temi del welfare aziendale e del welfare specifico per le piccole imprese, attraverso un’analisi dei dati a disposizione. Ma gli interventi dei relatori hanno messo in evidenza le difficoltà oggettive nel disporre di un’accurata fotografia del fenomeno, in quanto i dati regionali non sembrano essere sufficienti per trarre delle conclusioni di prospettiva, ed espresso la necessità di avviare un monitoraggio più approfondito. In questo percorso a tappe sono emerse alcune criticità: pochi casi di integrazione tra welfare aziendale e welfare territoriale, eccessivo peso dato alla “reputation” rispetto ai servizi, mancanza di coordinamento tra welfare aziendale e welfare degli enti bilaterali (settore artigianato e commercio), necessità di semplificazione riducendo un’intermediazione ritenuta eccessiva. Ma sono emersi anche elementi di forza: presenza di prestazioni calibrate per raggiungere il maggior numero di dipendenti, riduzione del costo del lavoro, sviluppo della contrattazione, forte fidelizzazione dei dipendenti.

Molteplici strumenti e riflessioni che vanno inseriti nel contesto storico che stiamo vivendo.

L’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 e la conseguente crisi sociale ed economica hanno cambiato il volto del welfare aziendale e di quello territoriale. Abbiamo toccato con mano le difficoltà delle persone e abbiamo assistito alla vulnerabilità dei lavoratori, in particolare di precari, lavoratori a basso reddito e partita IVA. Persone che da un giorno all’altro hanno perso ogni reddito o hanno dovuto affrontare una nuova modalità organizzativa di lavoro, come nel caso dello smart working, sperimentato in diverse realtà per la prima volta e non senza criticità, legate al fatto che in alcuni ambiti, come nel settore pubblico, si è trattato di una scelta fatta in emergenza, senza un’adeguata preparazione. In questi ultimi anni abbiamo tuttavia assistito anche all’importanza delle organizzazioni di volontariato che hanno sostenuto le fragilità delle nostre città. 

Purtroppo, a due anni di distanza, restano inquietudini, incertezze e preoccupazioni per il futuro.

Gli effetti economici della pandemia Covid-19 stanno emergendo fin da ora con grande forza e nei prossimi mesi ci troveremo ad affrontare nuove povertà ed emergenze sociali. Per avviare la ripresa del nostro Paese occorre quindi dare risposte alle profonde diseguaglianze socio-economiche che la crisi pandemica ha contribuito ad aggravare, nonché programmare interventi che facciano riscoprire la funzione sociale del lavoro.

In questo momento di crisi, il welfare statale ha dimostrato l’incapacità di reagire con velocità ed efficienza, e per questo motivo occorre dare risposte alle istanze sociali promuovendo un sistema integrato e condiviso con tutte le realtà del territorio. Le Istituzioni e le organizzazioni sociali, nonché imprenditoriali, sono così chiamate a individuare nuovi modelli organizzativi per rispondere efficacemente ai bisogni emergenti. Invero, la crisi sociale derivante dalla pandemia può superarsi soltanto adottando modalità innovative e attuando l’integrazione tra interventi di natura pubblica e interventi di iniziativa privata nel campo della protezione sociale, a partire dal welfare aziendale.

In questo mutevole contesto prende sempre più corpo il concetto che l’impresa è anche una “comunità”. Il welfare si presenta come lo strumento necessario per affrontare il futuro del mercato del lavoro, e quindi va maggiormente rafforzato fino ad essere integrato con quello del territorio, che viene così a configurarsi come un sistema di infrastrutture e relazioni e non solo come uno spazio geografico o un’unità amministrativa.

È importante promuovere la costruzione di una rete territoriale capace di impostare un’alleanza ben strutturata tra pubblico e privato che possa garantire nel prossimo futuro un risparmio di spesa da entrambe le parti, Stato e privati, e un efficientamento dei servizi offerti e delle prestazioni garantite. Per gli attori locali si aprono spazi inediti di collaborazione per sviluppare iniziative volte a rafforzare il sistema di welfare territoriale. Quest’ultimo rappresenta una componente fondamentale per raggiungere quella complementarietà tra dimensione produttiva e dimensione sociale necessaria affinché si possa parlare di ecosistemi territoriali del lavoro.

 

Silvia Cavallarin, Coordinatrice Veneto Welfare

 

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