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Pubblicato il 13.12.2022

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: aria di cambiamento nel mercato del lavoro

Dopo la pandemia segnali di una crescente mobilità lavorativa tra settori diversi


Dopo la pandemia il mercato del lavoro veneto sembra manifestare una rinnovata, seppure non del tutto nuova, volontà di cambiamento da parte dei lavoratori, sospinta e sostenuta da un lato da una maggiore richiesta di flessibilità, sia da parte delle imprese che dei lavoratori stessi, e dall’altro dalle trasformazioni che il sistema economico-produttivo sta disegnando, in termini di ricomposizione settoriale e di cambiamenti nell’organizzazione del lavoro.

Anche la recente crescita delle dimissioni dimostra come la mobilità interna al mercato del lavoro si stia rafforzando e il veloce passaggio ad un’altra occupazione non è da intendersi come una “fuga dal lavoro”, ma quale segnale della volontà di intraprendere una nuova esperienza lavorativa. Sullo sfondo si colloca la ricerca di qualcosa di diverso, di opportunità differenti e forse, soprattutto, di condizioni di lavoro maggiormente soddisfacenti e coerenti con il proprio progetto personale e professionale.

Come evidenziato nel nuovo approfondimento di Veneto Lavoro LE TRANSIZIONI OCCUPAZIONALI NEL MERCATO DEL LAVORO. Segnali di crescita della mobilità (volontaria) tra settori diversi, l’aspetto che più sembra essersi rafforzato nel post pandemia è rappresentato dalle transizioni da un settore all’altro e nello specifico da alcuni ambiti del terziario al comparto industriale.

Pur di fronte a una generale tendenza dei lavoratori a rimanere all’interno del medesimo macro-settore di riferimento, si registra infatti una quota sempre superiore al 20%, e in progressiva crescita, di transizioni da un macro-settore all’altro. Una quota che nel 2022 ha raggiunto il suo livello massimo, attestandosi al 24%.

Il peso delle transizioni tra settori diversi risulta accentuarsi nel caso in cui il passaggio risponda ad una precisa scelta del lavoratore che decide di lasciare un’occupazione per spostarsi in un altro ambito lavorativo. La quota dei passaggi intersettoriali a seguito di dimissioni passa infatti dal 22,8% del 2018 al 25,2% del 2022, arrivando ad interessare oltre un quarto di tutte le dimissioni. Ciò significa che circa un quarto dei lavoratori che si rioccupano dopo essersi dimessi decide di cambiare drasticamente ambito occupazionale.

Una tendenza che si è accentuata in modo ancora più marcato per le donne, che sebbene ancora generalmente ancorate ad alcuni ambiti del terziario e con una prevalenza di transizioni dall’industria ai servizi, sempre più spesso decidono di lasciare i servizi, compresi quelli alla persona o di supporto alle imprese, per andare a lavorare nel comparto industriale, in particolare verso il made in Italy e il metalmeccanico, cresciuti dal 10,5% del 2020 al 18,3% del 2022.

Pur non trattandosi di un fenomeno di dimensioni rilevanti, le dinamiche osservate mostrano quindi una crescita significativa delle transizioni tra macro-settori, soprattutto nell’ultimo biennio e in particolare per quelle avvenute a seguito di dimissioni. Una tendenza che si configura come un nuovo, interessante, segnale dei cambiamenti in atto.

Tale crescita associata ad un’elevata della mobilità nel mercato del lavoro, che non si giustifica solo con i processi di riorganizzazione del sistema produttivo e del mercato del lavoro, rappresenta infatti un interessante indicatore di come stanno cambiando le possibilità di inserimento e, insieme, le “preferenze” dei lavoratori. Sottointese potrebbero esserci opportunità differenti offerte da ambiti diversi, ma anche la capacità attrattiva di aziende e settori nei confronti di una forza lavoro sempre più scarsa ed “esigente”.

È ipotizzabile che anche il rafforzarsi delle transizioni settoriali, in particolare di una loro crescita sbilanciata in un senso e non adeguatamente compensata da nuovi innesti, possa rappresentare un motivo di accresciuta tensione in un mercato del lavoro in cui le risorse continueranno probabilmente a scarseggiare. Sullo sfondo, ancora una volta, torna a farsi pressate una necessaria riflessione sul ruolo chiave delle risorse umane nell’economia e nel mercato del lavoro e sulla conseguente capacità di valorizzarle adeguatamente, non da ultimo con proposte capaci di integrare prospettive economiche e benessere dei lavoratori.

 

Letizia Bertazzon, ricercatrice Veneto Lavoro


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