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Pubblicato il 10.03.2021

L'editoriale di ClicLavoro Veneto: donne e lavoro ai tempi del Covid-19

Dopo aver toccato nel 2019 livelli record, l’occupazione femminile risulta tra le più penalizzate dagli effetti della pandemia, ma la crisi racchiude anche nuove opportunità di crescita


Che l’emergenza sanitaria avrebbe avuto pesanti ripercussioni sull’economia e sul mercato del lavoro, determinando anche un rafforzamento delle disuguaglianze e l’emergere di nuove forme di fragilità, era chiaro fin dall’inizio. E se è vero che ad un anno di distanza non possiamo ancora valutare pienamente gli effetti della crisi, i suoi tratti essenziali sono già evidenti e avvalorano le previsioni.

Le conseguenze maggiori si sono riversate con forza su alcune categorie di lavoratori, tra le quali le donne: maggiormente esposte al contagio in quanto particolarmente presenti nelle professioni sanitarie, nei servizi essenziali e nei lavori di cura, frequentemente occupate, spesso in maniera precaria, proprio nei settori più colpiti dai lockdown e dalla debolezza della domanda (commercio e turismo su tutti), e interessate da un aggravio dei carichi di lavoro familiari per via della chiusura dei servizi essenziali.

Eppure in termini di occupazione femminile negli ultimi anni erano stati fatti importanti passi avanti. Nel 2019 il grado di partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha raggiunto in Veneto il suo massimo storico, su livelli ben superiori alla media nazionale, seppure ancora lontani da quelli di altri Paesi europei e da quello registrato per la componente maschile (di quasi 20 punti percentuale superiore). A favorire questa crescita sono state anche forme di lavoro temporaneo o parasubordinato e il part-time, che in molti casi hanno offerto alle donne la possibilità di inserirsi o rimanere nel mercato del lavoro consentendo flessibilità e possibilità di conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro. Il risultato, però, è che i percorsi lavorativi delle donne risultano spesso più discontinui, rendendole più vulnerabili in termini di accesso alle tutele dell’occupazione e pregiudicandone gli sviluppi di carriera.

E l’arrivo della pandemia ha messo in luce queste debolezze.

Nel secondo e nel terzo trimestre dell’anno si è assistito a un rapido calo del tasso di occupazione, molto più marcato per le donne che per gli uomini, e a un contestuale incremento dei livelli di inattività. La sostanziale stasi del mercato del lavoro, unita all’effetto scoraggiamento, ha ridotto la propensione alla ricerca del lavoro e la disponibilità a lavorare. La riduzione della domanda di lavoro, in particolar modo quello temporaneo, spesso stagionale, ha precluso ad alcune categorie le possibilità di accesso o reingresso nel mercato del lavoro. Il recupero registrato sul finire del 2020, soprattutto grazie al settore dell’istruzione, ha solo in parte mitigato le perdite registrate nel corso dell’anno, in particolar modo sul fronte delle mancate assunzioni.

Il venir meno delle misure poste a tutela dell’occupazione durante l’emergenza sanitaria, quali il divieto di licenziamento e l’estensione della cassa integrazione, porterà sicuramente a nuovi licenziamenti ed espulsioni dal mercato del lavoro, e il bilancio, finora sfuocato, degli effetti della crisi sull’occupazione pare destinato a peggiorare ulteriormente.

Ma la crisi potrebbe portare con sé anche alcune opportunità di crescita e trasformazione del mercato del lavoro. A fronte di molti settori lavorativi fermi per via delle restrizioni imposte per contenere la pandemia, molti stanno crescendo e si stanno sviluppando su fronti fino a poco tempo fa impensabili. La richiesta di nuove professionalità da parte delle aziende rimarrà elevata, ma serviranno profili e competenze in grado di rispondere a una domanda di lavoro diversa da quella attuale: competenze tecniche legate al “mondo digitale” faranno la differenza, così come alcune capacità personali quali pensiero critico, capacità di analisi e di problem solving, flessibilità, saranno fondamentali a prescindere da qualsiasi specializzazione.

In particolare per le donne, i cambiamenti in atto possono generare nuove opportunità. Si pensi, ad esempio, all’introduzione o il consolidamento di nuove modalità organizzative sperimentate durante la pandemia, primo fra tutti il lavoro a distanza, che possono favorire forme di conciliazione vita-lavoro, con conseguenti effetti positivi nei percorsi professionali delle donne e, quindi, una maggiore stabilità lavorativa.

Il lavoro delle donne, però, non deve essere percepito solo come un “problema” di conciliazione tra vita e famiglia, bensì come una leva di sviluppo economico, produttivo, tecnologico e sociale, incentivando la qualità dell’occupazione e le carriere al femminile.

Letizia Bertazzon, ricercatrice Veneto Lavoro


Per approfondimenti consultare il report "Donne e lavoro ai tempi del Covid-19: vecchi problemi tornano a galla".
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