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Pubblicato il 27.04.2018

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: la storia del lavoro in Veneto

Analisi storica delle origini e dello sviluppo di quel modello veneto di imprenditorialità diffusa che ha contribuito a rendere la nostra regione il motore economico del Paese

L’immaginario comune considera il decollo industriale del Veneto come un avvenimento recente, che interessò la regione tra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento, ma il fenomeno tipicamente veneto della “fabbrica per ogni campanile” è frutto di un lungo processo che vanta radici ben più profonde.

L’esordio dell'industria veneta coincide con lo sviluppo del tessile, che già durante il Settecento trovò nel laniero la sua vocazione naturale. Fu tuttavia nel corso dell’Ottocento che il settore conobbe il suo momento di massima crescita, grazie al know-how già presente sul territorio e all’intuizione di alcuni imprenditori (Rossi e Marzotto in primis), che contribuirono al passaggio delle lavorazioni da un sistema proto-industriale al sistema fabbrica. Fu così che già a metà del secolo, anche per l’abbondanza di materie prime e fonti energetiche, nell’alto vicentino si formò un vero e proprio distretto che rappresentava, assieme a Biella e Prato, uno dei tre centri della produzione laniera italiana. Tra il 1870 e il 1874, sulle 146 aziende venete del campione nazionale censito dal ministero, ben 24 realtà appartenevano al settore laniero, di cui 13 ubicate nella sola provincia di Vicenza. Dei 64.000 addetti nel settore industriale, gli occupati del tessile rappresentavano, da soli, il 36% dell’intera forza lavoro.

Il secondo fattore che contribuì allo sviluppo economico della regione fu la nascita, a fine Ottocento, di un modello di imprenditorialità diffusa, ramificato in differenti settori produttivi e composto prevalentemente da realtà medio-piccole, distribuite lungo il territorio regionale a macchia di leopardo e che salvo rare eccezioni impiegavano poche decine di lavoratori. In alcuni casi, come ad esempio l’alimentare e il meccanico, molte aziende avevano tuttavia già accantonato l’ottica di un’economia “locale”, riuscendo a inserire i propri prodotti, seppur gradualmente, nei circuiti commerciali internazionali.

In questa prima fase di industrializzazione, la diffusione industriale veneta rimaneva vincolata alla disponibilità di fonti energetiche e la nostra regione poteva sopperire alla carenza di combustibili fossili con l’abbondanza di corsi d’acqua da trasformare in energia idroelettrica.

Il vero fattore di spinta va però ricercato nella nascita di porto Marghera, che sin dall’inizio si caratterizzò per la forte presenza dei settori della chimica e del ciclo di lavorazione del petrolio, rappresentando, dopo soli dieci anni dalla fondazione, un centro di industrie di base decisivo non solo per la crescita del Veneto, ma dell’intero settore secondario nazionale.

Il secondo conflitto mondiale colpì duramente il tessuto produttivo regionale. Le fabbriche venete, già provate dalla tipica penuria di materie prime che caratterizza l’economia di guerra, dovettero fare inoltre i conti con il drammatico stato in cui versavano le infrastrutture, uscite decisamente malconce dagli avvenimenti bellici che sconvolsero anche la nostra regione. La fine delle ostilità, d’altro canto, comportò la riapertura dei mercati internazionali e la ripresa dei tradizionali canali commerciali.

Furono, tuttavia, la ricostruzione e la riconversione produttiva degli impianti il vero volano della ripresa economica, come dimostra proprio il caso del polo industriale di Marghera, uscito danneggiato dal conflitto mondiale e capace in pochi anni di recuperare i livelli occupazionali antecedenti la guerra, grazie soprattutto alla giovane industria dell’alluminio.

Se da una parte la vivacità della piccola-media impresa può venir ricondotta alla crescita economica nazionale che investì il Paese durante il decennio del “boom economico”, il suo tratto saliente era costituito dalla sorprendente espansione nel settore della manifattura leggera. Le aziende venete si specializzarono, infatti, a produrre una vasta gamma di prodotti, dimostrando una particolare vocazione per la meccanica.

La ridistribuzione delle fasi di produzione lungo impianti minori, oltre a risultare vincente, rappresenta il giusto paradigma per comprendere la fortuna e capire l’essenza stessa del modello economico veneto.

Un modello che nonostante i processi di ristrutturazione imposti dalla globalizzazione è ancora oggi caratterizzato da un elevato numero di piccole e medie imprese, prevalentemente manifatturiere, soprattutto prima della crisi iniziata nel 2008, ma ora sempre più attive anche nel settore dei servizi. Un sistema imprenditoriale che ha fatto del proprio sapere artigianale e della capacità di aggregazione, oltre ad una crescente propensione all'internazionalizzazione e all'innovazione, le chiavi del proprio successo. Non è un caso che recenti studi pongano i distretti industriali del Veneto ai vertici della graduatoria nazionale per performance di crescita e redditività

  • Fonte: Giuseppe Catterin - redazione ClicLavoro Veneto

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