La storia del lavoro in Veneto: il distretto dell’occhiale bellunese
Il primo laboratorio dell’occhialeria bellunese, che rappresenta oggi un’eccellenza di livello mondiale, nacque nel 1878
La 48ª edizione del Mido, la Mostra Internazionale di Ottica, Optometria e Oftalmologia conclusasi a Milano il 26 febbraio scorso, ha registrato la presenza di una folta rappresentanza veneta. I 110 espositori provenienti dalla nostra Regione hanno rappresentato, da soli, poco meno di un decimo di tutti gli stand presenti e un quarto di quelli italiani. Numerosa anche la partecipazione di aziende provenienti dal Bellunese, a riprova dell’importanza economica assunta dal distretto dell’occhiale. In provincia di Belluno, infatti, si realizza circa l’80% dell’intera produzione italiana, per una filiera capace di impegnare circa 11 mila occupati stabili sui 17 mila lavoratori impiegati sul territorio nazionale.
Il distretto dell’occhialeria di Belluno, d’altra parte, è quello che in Italia è cresciuto di più nell’ultimo biennio. A fotografare la performance positiva è il rapporto annuale della direzione studi e ricerche di Intesa San Paolo su Economia e finanza dei distretti industriali, giunto alla sua decima edizione. Il cluster bellunese si piazza, infatti, al primo posto su una lista di venti eccellenze del made in Italy, di cui dieci appartengono al “Made in Veneto”. I fattori capaci trainare la crescita del fatturato sono l’export, particolarmente sviluppatosi in mercati esteri sempre più lontani, e la costante innovazione tecnologica che ha interessato i processi produttivi delle aziende del territorio.
I risultati incoraggianti riescono a evidenziare lo storico legame che intercorre tra l’occhiale e la nostra regione. In un certo senso, questo connubio può vantare un’origine abbastanza antica. Se è vero che l’utilizzo delle proprietà ottiche di alcuni materiali fosse assodato già in epoca romana (Plinio il Vecchio ci tramanda l’uso che Nerone faceva di uno smeraldo per meglio assistere ai ludi gladiatori) i primi esempi di lenti di vetro compaiono infatti nella Venezia di fine Duecento. All’interno dei Capitolari delle Arti Veneziane del 1284, legislazione che regolamentava la qualità delle merci prodotte all’interno del vasto panorama artigianale della città lagunare, la neonata Arte dei “cristalleri” menziona l’antenato del moderno occhiale da vista, allora definito come "roidi da ogli" (equiparabile ad una forma primitiva di lenti graduate), differenziandolo dalle lenti d’ingrandimento, indicate come "lapides ad legendum". Iniziava così un processo di continuo perfezionamento di un prodotto che, già agli inizi del Trecento, veniva tutelato da apposite normative. Un’ordinanza veneziana del 2 aprile 1300 imponeva, infatti, il tassativo rispetto, pena ammenda e distruzione immediata delle merci, di precise caratteristiche qualitative, imposte dal legislatore per tutelare il consumatore da eventuali frodi.
I primi occhiali venivano utilizzati prevalentemente come supporti visivi per rimediare alla presbiopia, come suggerito anche dai Capitolari veneziani del 1330 che li definivano come "rodoli de vero per ogli per lezer". Per quanto riguarda le forme, in quel periodo gli occhiali erano composti da due lenti di vetro a base convessa, tenute assieme da una montatura che poteva cambiare al variare delle finanze del committente. Il materiale utilizzato contemplava soluzioni più economiche, come ad esempio il legno o il cuoio, così come varianti decisamente più lussuose, realizzate in metalli preziosi o pregiati, come ad esempio il corno animale.
Un’idea precisa di come fossero gli occhiali in quel tempo la fornisce Tommaso da Modena, la cui mano ha curato la prima rappresentazione artistica di occhiali da vista. Tra i quaranta monaci raffigurati nella Sala del Capitolo del convento domenicano di San Nicolò di Treviso, rappresentati intenti nelle tipiche attività dell’uomo di Chiesa, a spiccare è certamente la figura del cardinale francese Hugues de Saint–Cher, immortalato nell’atto di scrivere proprio grazie all’ausilio di un paio di lenti da vista. Degna di nota risulta la sorprendente modernità della montatura che, sebbene ancora priva delle caratteristiche stanghette, (che appariranno solamente nel XVIII secolo) presenta una certa somiglianza con i ben più moderni pince-nez.
Con la caduta della Serenissima, il fabbisogno venne interamente soddisfatto da importazioni estere. Per assistere alla nascita dell’occhialeria nella nostra Regione bisogna, dunque, attendere il 15 marzo 1878. In tale circostanza, i fratelli Angelo e Leone Frescura, assieme a Giovanni Lozza, fondavano il primo laboratorio in provincia di Belluno. L’intuizione che permise la nascita del nucleo originale del distretto dell’occhiale era tanto semplice, quanto innovativa. L’attività agro-pastorale bellunese, a causa della progressiva parcellizzazione della proprietà terriera, non garantiva più una stabilità economica. Questo contesto, potenzialmente svantaggioso, sul lungo periodo contribuì a plasmare la tipica pluriattività montana e incentivò la nascita di un bagaglio di saperi artigianali capace di soddisfare le esigenze della nascente attività imprenditoriale, dalla realizzazione in loco delle macchine utensili all’assemblaggio della componentistica.
La nascita di questo primo opificio servì da spin-off in grado di favorire lo sviluppo di un meccanismo di tipo distrettuale, composto da realtà specializzate nella costruzione di singole parti, quali lenti, astucci, armature o minuterie metalliche, e caratterizzato dalla circolazione delle nuove informazioni sui cicli produttivi. Nel 1910, grazie all’intuizione di Ulisse Cargnel, si registrò una seconda svolta: la fabbricazione industriale delle montature in celluloide, materiale plastico che presentava l’indubbio pregio di rappresentare una soluzione più economica rispetto le classiche montature metalliche.
La presenza delle aziende pilota, d’altro canto, rappresentò la spinta necessaria alla creazione di imprese simili sul territorio. Questo impulso favorì, dunque, il radicamento di competenze produttive omogenee in uno spazio circoscritto: il distretto dell’occhiale si sviluppò rapidamente e negli anni ’30 era già in grado di coprire l’88% della produzione di montature per occhiali realizzate in Italia e il 53% degli astucci, a dimostrazione sia della consolidata preminenza in ambito nazionale sia del crescente rilievo in quello internazionale. Una leadership che continua anche oggi.
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