La storia del lavoro in Veneto: il vetro di Murano
Fu nel 1291 che il Maggior Consiglio stabilì lo spostamento di tutte le botteghe vetraie a Murano dando il via alla plurisecolare tradizione artigianale dell’isola veneziana
All’interno del panorama artigianale regionale, il distretto del vetro artistico di Murano e del vetro del Veneziano rappresentano una vera e propria eccellenza del "made in Veneto", capace di valere, da sola e nonostante un comprensorio territorialmente circoscritto, circa un quarto di tutta la produzione del vetro artistico italiano, con una concentrazione non riscontrabile in nessun altro settore produttivo.
In termini numerici, la filiera del vetro di Murano può vantare un ulteriore record. Si tratta, infatti, del distretto a più alta densità di produttori in Europa: le oltre 100 aziende dedicate alla produzione del vetro artistico, sono dislocate in un'isola di appena 1,17 chilometri quadrati. Un condensato di saperi artigiani che, da ormai tre decenni, viene tutelato dal Consorzio Promovetro Murano. Fondato nel 1985 sotto l’impulso delle principali realtà vetrarie del settore, nel corso degli anni è divenuto un’importante realtà consortile, con il primario obiettivo di valorizzare, conservare, custodire e difendere questa millenaria arte, grazie anche ad azioni quali l’istituzione del marchio di qualità "Vetro Artistico® Murano", nato per arginare il fenomeno della contraffazione.
Nonostante le difficoltà del settore, questa antica vocazione può annoverare, tra aziende direttamente impegnate nell’attività vetraria propriamente detta e relativo indotto, circa 260 imprese, per un totale di un migliaio di lavoratori dipendenti, al netto delle variazioni stagionali.
Murano e vetro costituiscono un connubio che perdura lungo i secoli e che si innesta nell’ancora più antico legame che intercorre tra il vetro e la Laguna. Come evidenziato da alcuni reperti archeologici rinvenuti presso Torcello, l’attività vetraria lagunare era già riscontrabile nel X e XI secolo d.C. La temperie altomedievale, d’altro canto, ci consegna anche la prima menzione in assoluto di un vetraio operante a Venezia, tal Domenico, definito in un documento del 982 con il termine di fiolario. Tale aggettivo indica, come da prassi durante il Medioevo, la sua professione, ossia quella di vetraio: anticamente, infatti, con il termine fiole si indicavano bottiglie a collo lungo e pancia larga.
La seconda metà del Duecento segnò un punto di svolta nella storia della produzione vetraria veneziana. Nel 1271 le autorità pubbliche confermarono la mariegola di tale attività, ovvero lo statuto della corporazione che oggi come allora si prefiggeva l’obiettivo di vigilare sull’intera filiera e, soprattutto, sulle caratteristiche dei prodotti finiti. All’epoca l’attività non era territorialmente concentrata come oggi: le botteghe degli artigiani del vetro, fonderie comprese, erano infatti disseminate lungo le isole della gronda lagunare, nonché all’interno del tessuto urbano della stessa Venezia. Fu solamente nel 1291 che, alla luce della pericolosità che il ciclo di lavorazione poteva costituire per una città ampiamente edificata con il legno, il Maggior Consiglio stabilì lo spostamento di tutte le botteghe vetrarie nell’isola di Murano. Il nuovo sito possedeva infatti l’indubbio pregio di presentare una densità abitativa molto bassa, prestandosi a diventare il luogo d’elezione per tale lavorazione.
Iniziava, così, una plurisecolare tradizione produttiva che, fin dai primordi, si caratterizzò per una notevole differenziazione nell’offerta di manufatti. Gli artigiani di Murano si fecero ben presto apprezzare per la qualità dei loro prodotti, talvolta vere e proprie opere d’arte dell’artigianato, nonché per la particolare attenzione dimostrata nel soddisfare il mutare delle richieste provenienti da clientele sempre più esigenti, grazie anche alle innovazioni tecnologiche del settore.
È l’esempio di Angelo Barovier che, in pieno Quattrocento, riuscì a ottenere un tipo di vetro estremamente pulito e così simile per trasparenza al cristallo che, lui stesso, chiamò “vetro cristallino”. Questa innovazione, che gettò le basi per la successiva fioritura dell’arte vetraria, andò ad affiancare la fiorente produzione di vetri colorati, vera e propria peculiarità della produzione muranese, nonché la realizzazione dei caratteristici “rodoli de vero per ogli per lezer”, antenati delle moderne lenti da occhiale.
Il XVI secolo rappresentò il ‘Secolo d’oro’ dell’arte vetraia. Fu in questo periodo che la qualità delle lavorazioni raggiunse i livelli più eccelsi, sviluppando in tutta la loro bellezza le decorazioni d’oro e le lavorazioni in smalti che, spesso e sovente, prendevano come spunto le opere di Antonio Vivarini, di Andrea Mantegna e del Carpaccio.
Dopo la caduta della Repubblica, Murano attraversò un momento di crisi, segnato dalla drastica riduzione dei volumi produttivi e a salvarsi furono solamente le realizzazioni più umili, come le “conterie”, piccole perle colorate di pasta di vetro usate per monili e guarnizioni varie.
I primi segnali di risveglio si ebbero grazie a Domenico Bussolin, mastro vetraio che negli anni ’30 dell’Ottocento dette nuovo vigore alla lavorazione della filigrana, e all’Abate Vincenzo Zanetti, che nel 1861 fondò il Museo dell’Arte Vetraria, istituzione indispensabile per la tutela e la riscoperta del patrimonio artistico del vetro di Murano.
Il XX secolo segnò un altro momento di svolta nella storia della lavorazione del vetro a Murano, perché l’attività di produzione cominciò ad avvalersi della creatività di grandi artisti di fama internazionale, che diedero vita a pezzi di assoluta eccellenza. Da questo dialogo tra il sapere artigiano e il genio e la creatività dei principali pittori e designer italiani ed europei nacquero creazioni capaci di coniugare tecniche antiche a gusti moderni, in una sinergia perfetta che continua a caratterizzare tuttora l’attività delle vetrerie muranesi.
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