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Pubblicato il 03.12.2021

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: come parlare (correttamente) di lavoro ai giovani

In occasione del recente JOB&Orienta, il salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, Letizia Bertazzon, ricercatrice di Veneto Lavoro, spiega l’importanza di parlare correttamente di lavoro ai giovani e di utilizzare in modo appropriato le informazioni disponibili


Nei giorni scorsi si è tenuta a Verona la 30° edizione di JOB&Orienta, uno dei principali appuntamenti nazionali di orientamento al lavoro per i più giovani, pensato con l’obiettivo di avvicinarli in maniera consapevole al mercato del lavoro. Il tema è oggi più che mai al centro dell’attenzione sulla scia del ricorrente mantra “non si trovano lavoratori”, che necessariamente porta a riflettere sull’importanza di “formare competenze”, quelle giuste per il mercato del lavoro, e investire nei giovani. Il passaggio obbligato è, necessariamente, quello di parlare di lavoro ai giovani in modo efficace, superando stereotipi e, talvolta, anche un’informazione scorretta o incompleta.

Utilizzare in modo appropriato i dati e le analisi disponibili può rivelarsi fondamentale per far comprendere ai ragazzi, ma anche alle loro famiglie, che cosa sta succedendo nel mercato del lavoro, quali sono le trasformazioni in essere e quali sono le prospettive che li attendono per il futuro, orientandoli al meglio nella loro scelta lavorativa.

Ma perché queste informazioni siano davvero efficaci, occorre innanzitutto smantellare alcune false credenze. Veri e propri pregiudizi, o semplicemente idee sbagliate, che troppo spesso rischiano di influenzare l’idea di lavoro che hanno i giovani, alimentando visioni distorte della realtà e arrivando, talvolta, a condizionare scelte e desideri di chi un domani (più o meno lontano) entrerà nel mercato del lavoro.

Ancora più importante è porre attenzione al modo in cui si parla di lavoro ai ragazzi. Può non esserci perfetta sintonia, anche semplicemente per questioni anagrafiche, ma è importante essere consapevoli che ogni narrazione contribuisce a plasmare idee, formare giudizi, costruire aspettative.

Quasi sempre i ragazzi, siano essi adolescenti alle prese con la scelta dell’indirizzo di studio o ragazzi che si stanno per diplomare, hanno ben chiara una propria proiezione nel futuro legata ad un’identità professionale. Comprendono l’importanza e, in un certo senso, l’ineluttabilità dell’essere, prima o poi, a vario modo, dei lavoratori. Non sorprende, infatti, che anche nel caso dei più piccoli, il “che cosa farai da grande” coincida spesso con un più o meno preciso (e genuino) desiderata professionale.

E se è pur vero che il significato che diamo al lavoro non è per tutti lo stesso, che l’idea di lavoro, la sua funzione e ciò che esso rappresenta nella vita delle persone è profondamente cambiato di generazione in generazione, è altresì vero che l’idea di lavoro che ciascuno di noi matura passa inevitabilmente anche attraverso le informazioni che si ricevono, i vissuti e le narrazioni altrui.

È anche per questo motivo che non c’è un momento preciso in cui iniziare ad affrontare i temi legati al mondo del lavoro. Forse, in realtà, non è neppure mai troppo presto. Adottando metodi e linguaggi adeguati è anzi auspicabile avvicinare gradualmente adolescenti e ragazzi al mondo del lavoro. D’altronde non c’è un limite d’età a partire dal quale si possono acquisire competenze che si riveleranno utili anche per il mondo del lavoro. Pensiamo alle competenze digitali, linguistiche, comunicative, alla capacità di lavorare in gruppo, di problem solving, di gestire tempi e compiti assegnati. Quelle “competenze trasversali” oggi tanto spesso invocate da aziende e recruiter di tutto il mondo e che sembra possano fare davvero la differenza anche nel mercato del lavoro del futuro.

Un mercato del lavoro che per molti ragazzi sarà decisamente diverso da quello di oggi e che neppure le migliori previsioni statistiche sono in grado di descrivere dettagliatamente. Oggi non possiamo sapere da qui ai prossimi cinque o dieci anni quali saranno gli ambiti con le migliori prospettive occupazionali – in questo l’epidemia ancora in corso ci ha fatto ben comprendere quanto basti poco a cambiare in maniera rilevante obiettivi e prospettive. Del resto, non ha neppure molto senso chiedersi (come troppo spesso avviene) “quali professioni saranno le più richieste dal mercato del lavoro del futuro”, tanto più se questa informazione deve essere utilizzata al fine di orientare le scelte formative di oggi. Risulta, invece, più utile chiedersi quali competenze e quali capacità saranno fondamentali.

Ecco che allora, con questa prospettiva, gli studi, le analisi, i dati (se adeguatamente utilizzati) possono sicuramente aiutare a capire come sta cambiando il mercato del lavoro e quali sono le trasformazioni in atto. Certamente sono fondamentali per comprendere quale sia il contesto nel quale oggi ci stiamo muovendo ma tramite essi possiamo anche cercare di capire in quale direzione stiamo andando. Senza aspettarsi da essi improbabili capacità predittive, ci possono aiutare a comprendere la traiettoria delle trasformazioni in atto, indicandoci possibili percorsi e suggerendoci una dote minima di equipaggiamento di cui dotarsi.

In questo senso diventa strategico attivarsi il prima possibile e già all’interno del percorso scolastico avviare azioni volte a formare giovani capaci e pronti, se lo vorranno, a entrare nel mercato del lavoro in maniera consapevole.

Nel fare ciò, il sistema pubblico dei servizi per l’impiego può svolgere un ruolo importante. In Veneto, ad esempio, tramite Veneto Lavoro la Regione ha avviato "Talenti al lavoro", un innovativo progetto di orientamento al lavoro rivolto agli studenti degli ultimi anni delle scuole secondarie, che si pone esattamente l’obiettivo di fornire ai più giovani le competenze giuste per “navigare” nel mercato del lavoro. Ciò significa, innanzitutto, spiegare ai giovani, con linguaggio semplice ed esempi pratici, le caratteristiche, le peculiarità territoriali, i meccanismi di funzionamento e i soggetti che prendono parte al mercato del lavoro. In secondo luogo, fornire loro gli strumenti per affacciarsi in maniera efficace e consapevole nel mondo del lavoro, a partire dall’importanza di un buon curriculum vitae. Ma se, come ribadito, fondamentale è non solo “cosa” si dice ai ragazzi ma anche e soprattutto “come” glielo si racconta, il progetto mira a formare in maniera altrettanto adeguata anche gli insegnanti e gli operatori che dovranno affiancarli nel loro percorso di uscita dalla scuola e (forse) di ingresso nel mondo del lavoro, aiutandoli a sfatare gli stereotipi che lo circondano.

Solo accettando questa vera e propria “sfida educativa” riusciremo a comunicare in modo corretto il “lavoro” ai giovani e potremo iniziare, oggi, a “plasmare” i lavoratori di domani.


Letizia Bertazzon, ricercatrice Veneto Lavoro

 

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