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Pubblicato il 12.06.2018

La storia del lavoro in Veneto: la meccanica

Nato come risposta alle esigenze del mondo agricolo, il comparto della meccanica regionale deve il suo sviluppo all’intraprendenza della classe imprenditoriale veneta

Tra i distretti industriali veneti, il comparto meccanico, nelle sue innumerevoli declinazioni e rispettive specialità, risulta una presenza solida, con realtà che in alcuni settori guidano le rispettive classifiche nazionali.

Con un fatturato annuo che supera abbondantemente i tre miliardi di euro, il distretto della meccanica strumentale di Vicenza, ad esempio, si pone al 12° posto tra le migliori aree distrettuali nazionali per performance di crescita e reddituale, secondo i dati del rapporto di Intesa Sanpaolo. Numeri di tutto rispetto anche per i poli della termomeccanica di Padova e Verona, che, forti di circa 200 realtà attive sul territorio, fatturano complessivamente 2,5 miliardi di euro l’anno, destinando la maggior parte della produzione ai mercati esteri.

Il recente ulteriore sviluppo del settore meccanico veneto è dovuto anche agli stimoli intersettoriali provenienti dal territorio. Ne è un esempio la celere espansione della meccanica per l’imballaggio che nel trevigiano e nel veronese è riuscita a sfruttare appieno la forte vocazione enoica dei rispettivi territori. La proficua collaborazione tra manifattura e viticoltura si può apprezzare in particolare nel trevigiano, dove il comparto del packaging pesa per il 9.3% sul totale dell’industria meccanica della Marca, grazie anche all’effetto volano del “Mondo Prosecco”. A livello nazionale, invece, il comparto veneto delle macchine per l’imballaggio partecipa per l’11.7% all’intera produzione nazionale.

La caratteristica comune ai vari settori è certamente la dimensione media delle singole realtà. Le imprese venete, a differenza delle storiche aziende del nord-ovest, hanno infatti optato per produzioni specifiche che, grazie ad un costante aggiornamento tecnologico, permettono la realizzazione di manufatti dall’alto valore aggiunto, sempre più apprezzati anche nel mercato estero, come dimostrano i dati relativi all’export di settore, che rappresenta circa il 20% del totale delle esportazioni regionali.

Di recente istituzione, la meccanica regionale fonda le sue radici nello storico legame che nella nostra regione intercorre tra meccanica e settore primario. Sebbene le origini si possano riscontrare nelle innumerevoli botteghe di fabbri e artigiani che animarono da sempre il panorama economico-sociale delle città venete, il vero decollo della meccanica veneta si può riscontrare a cavallo tra il XIX secolo, in ambito prettamente proto-industriale, e gli inizi del XX secolo.

A fine Ottocento già si registrava la presenza di quel tessuto produttivo di piccole imprese che ancora oggi caratterizza il Veneto. Si trattava, per lo più, di realtà specializzate nella realizzazione – o più sovente nella manutenzione – degli strumenti necessari allo svolgimento delle attività agricole. Nonostante la loro limitata estensione, queste prime esperienze imprenditoriali costituirono il punto di partenza per la formazione di un know how artigianale indispensabile al successivo sviluppo del settore meccanico. Alcune di queste imprese si fecero ben presto notare per l’intraprendenza nel relazionarsi con il mercato nazionale, nonché per l’intuito dimostrato dalla classe imprenditoriale veneta.

A tal proposito, le vicende dell’officina “Zamboni&Troncon” di Treviso risultano paradigmatiche: fondata nel 1906, l’azienda, che non contò mai più di settanta dipendenti tra tecnici e operai, si distinse per la realizzazione e la costruzione delle prime macchine per la produzione industriale di pasta.

Nel processo di sviluppo del settore meccanico veneto, un fattore di fondamentale importanza fu la crescente diffusione, a partire dagli inizi del Novecento, della corrente elettrica, che comportò una capillare espansione nell’utilizzo di motori elettrici e il conseguente abbattimento dei costi di produzione finale.

La vera svolta avvenne, tuttavia, solamente nell’immediato dopoguerra: dal censimento del patrimonio industriale italiano condotto nel 1951, gli addetti del settore risultavano 52.364, ovvero il 20% della forza lavoro totale impegnata nella manifattura. I dati del censimento confermavano inoltre la dimensione contenuta delle aziende meccaniche venete: nel vicentino, la provincia che poteva vantare la maggiore concentrazione di industrie meccaniche, solo due realtà superavano i 500 dipendenti, mentre quelle che contavano fino a dieci addetti erano ben 1.402 su di un totale di 1.527.

Oltre che per una favorevole congiuntura economica, trainata dall’aumento dei consumi interni, il sistema veneto fiorì anche grazie al ritorno di molti migranti che portarono in regione i capitali necessari all’avvio industriale e le competenze acquisite all’estero.

Durante gli anni sessanta e settanta, il settore meccanico regionale si consolidò ulteriormente, sia in termini di dimensioni medie delle imprese che di sviluppo tecnologico delle aziende stesse, fattore indispensabile per ottenere una maggiore competitività sui mercati. Ed è proprio in questo periodo che le aziende venete intensificarono quella tendenza alla diversificazione produttiva che contribuì a formare il tessuto imprenditoriale alla base del recente successo della meccanica veneta.

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  • clicklavoro-source Redazione ClicLavoro Veneto

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