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Pubblicato il 15.05.2018

La storia del lavoro in Veneto: l’oreficeria vicentina

Già presente nel VII secolo a.C. la lavorazione dell'oro in territorio berico fiorì in periodo longobardo e raggiunse il suo culmine nell'Ottocento

Nella geografia manifatturiera della provincia di Vicenza, il distretto dell’oreficeria può certamente vantare un ruolo di indubbia preminenza economica e sociale. Composto da poco più di 600 aziende che forniscono lavoro a circa 5.000 persone, il cluster berico lavora all’incirca il 40% della materia prima importata, contribuendo al 30% delle esportazioni italiane nel settore orafo. Risultati che consegnano l’istantanea di un settore che nonostante la difficile congiuntura economica apporta un contributo non indifferente al settore secondario regionale, grazie all’altissimo standard qualitativo raggiunto dalle sue produzioni.

La forte vocazione orafa rappresenta, sotto molteplici aspetti, una caratteristica storicamente radicata in questi territori. Alcune evidenze archeologiche suggeriscono, infatti, che la lavorazione dell’oro fosse sviluppata già in epoca paleoveneta, come dimostrano alcuni ritrovamenti databili al VII secolo a.C. Si tratta, il più delle volte, di manufatti destinati ad uso quotidiano, come gioielli, fibule e placchette, con probabile funzione di ex voto.

L’oreficeria vicentina, che in epoca romana ha lasciato tracce poco apprezzabili, fiorì durante il periodo longobardo. La città berica, divenuta sede di un duca, fu dotata di una zecca cui venne concesso il diritto di battere moneta aurea. La lavorazione dell’oro, tuttavia, si declinava anche nella fabbricazione di una notevole gamma di prodotti. Tra di essi, a spiccare sono certamente i preziosi, caratterizzati da una raffinata ricerca estetica, e le caratteristiche crocette auree. La complessità e la finezza raggiunti dall’artigianato locale si possono scorgere proprio grazie ad una crocetta rinvenuta presso Dueville nel 1911: realizzata in finissima lamina d’oro, l’esemplare presenta alcune interessanti decorazioni antropomorfe lungo i bracci che la compongono.

Il plurisecolare dinamismo in questo ambito contribuì a sviluppare l’arte orafa e, al contempo, a plasmare un vasto bagaglio di sapere artigiano che, nel XIV secolo, ottenne un importante riconoscimento dall’autorità pubblica.

Negli statuti comunali addottati dalla città di Vicenza nel 1339, infatti, la corporazione degli orefici compare per la prima volta nella documentazione cittadina. Indicata con lo specifico termine di “fraglia”, all’epoca poteva già annoverare, come suggeritoci anche dalla matricula (la raccolta di disposizioni di cui gli orafi si dotarono lungo il Trecento), 150 maestri di bottega su di una popolazione urbana di circa 20.000 abitanti, segno tangibile della diffusione dell’arte orafa vicentina durante la temperie basso medievale. Il documento, inoltre, dimostra anche l’importanza sociale raggiunta dall’ordine professionale. Ai mastri orafi veniva concessa la possibilità di eleggere un rappresentante presso il “consiglio degli anziani” che nelle istituzioni politiche municipali dell’epoca costituiva uno dei massimi organi di deliberazione del governo comunale.

Il periodo più fiorente dell’arte orafa coincise con il Rinascimento e il Barocco, grazie soprattutto al fondamentale apporto di alcune personalità che contribuirono enormemente al suo sviluppo. Tra i suoi grandi interpreti, a spiccare sono certamente le figure di Valerio Belli, la cui attività venne lodata dal Vasari, Battista della Fede e Giorgio Capobianco, esponente di una famiglia d’antica tradizione che ha iscritto di diritto il suo nome nella storia grazie alla realizzazione del “gioiello di Vicenza”, modellino della città che venne donato come ex voto alla Madonna di Monte Berico per la scampata peste del 1576. Perduto durante l’occupazione napoleonica, il manufatto è stato fedelmente ricostruito nel 2013 grazie all’azione del “Comitato per il gioiello di Vicenza”.

La fine della Serenissima, e il conseguente scioglimento delle fraglie, non riuscirono a intaccare minimamente lo spirito imprenditoriale, la creatività e l’ingegno degli artigiani vicentini. Il know-how sedimentatosi nei secoli ebbe modo di concretizzarsi nella proficua, quanto spettacolare, produzione destinata ad utilizzi liturgici, che ci consegna esempi di particolare splendore come la “corona” della Madonna del Berico realizzata nel 1899 sotto la supervisione di Angelo Marangoni, esponente di una lunga tradizione di orafi operante a Vicenza fin dal 1770.

L’Ottocento segnò una radicale svolta nell’orizzonte produttivo dell’intera filiera dell’oro vicentino, che, assecondando le richieste provenienti da un mercato in costante espansione, seppe declinare la propria tradizione alle nascenti prospettive di sviluppo industriale. Queste nuove sfide vennero presto recepite da Luigi Merlo, che elaborò le prime macchine utensili concepite esclusivamente per la produzione orafa.

Un’ulteriore forma di raccordo tra il concetto di bottega artigianale e manifattura propriamente detta pervenne anche dalla fondazione, avvenuta nel 1858 per iniziativa dell’Accademia Olimpica, della “Scuola di disegno e plastica” che si prefiggeva l’obiettivo di implementare la preparazione tecnico-professionale degli addetti del settore.

Il solco così tracciato non poté che condurre a un celere sviluppo di una produzione sempre più caratterizzata da aspetti propriamente industriali e alla nascita, già a fine Ottocento, di numerose piccole realtà imprenditoriali capaci di imporsi velocemente sui mercati internazionali, grazie a migliorie tecnologiche quali l’introduzione di macchinari sempre più precisi o dei primi motori elettrici. L’apprezzamento internazionale non tardò ad arrivare, come dimostrato anche dal successo riscosso dalla prima Fiera campionaria vicentina, aperta il 15 agosto 1908.

Nemmeno le devastazioni belliche patite durante il primo e, in particolar modo, secondo conflitto mondiale riuscirono a scalfire questo connubio indissolubile tra antica tradizione e produzione industriale: il 1° settembre del ’46, a pochi mesi dalla liberazione, la Fiera campionaria riapriva i suoi battenti, a dimostrazione della millenaria vocazione che unisce Vicenza a questo metallo prezioso. 

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  • Fonte: Redazione ClicLavoro Veneto

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