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Pubblicato il 26.11.2018

La polarizzazione del mercato del lavoro: sempre più richiesti commessi e camerieri, diminuiscono impiegati e operai

Aumenta il divario tra le professioni a elevata e bassa specializzazione e quelle intermedie, effetto dell’innovazione tecnologica e della crescita del settore dei servizi

Il mondo del lavoro ha conosciuto negli ultimi anni profonde trasformazioni, tanto a livello nazionale quanto in Veneto. Si è assistito in particolare al rafforzamento di un processo di polarizzazione del mercato del lavoro, per il quale a crescere maggiormente sono le professioni a elevata specializzazione (e remunerazione) e quelle a bassa qualifica, poco pagate, a discapito delle professioni intermedie, che a partire dal 2008 hanno registrato un continuo declino. Sempre più insegnanti, formatori, camerieri e commessi, quindi, e sempre meno impiegati e operai specializzati.

Un fenomeno che è dovuto a diversi fattori: da un lato, l’innovazione tecnologica e i processi di de-industrializzazione in atto hanno causato la perdita di migliaia di posti di lavoro nel settore industriale, mentre dall’altro il processo di terziarizzazione del mercato del lavoro, che la crisi ha per certi versi accelerato, ha comportato uno spostamento della domanda dal settore industriale a quello dei servizi, soprattutto in Veneto. Con evidenti ripercussioni sulla composizione della domanda di lavoro.

In quasi un decennio, tra dicembre 2008 e dicembre 2017, nei servizi si è registrata una crescita di quasi 100 mila posizioni di lavoro dipendente, dovuta principalmente allo sviluppo in regione di molti ambiti del settore terziario, quali il turismo e i servizi alla persona, e all’effetto travaso di molti lavoratori dell’industria che con la crisi hanno perso il proprio lavoro e si sono rioccupati in altri settori. L’Industria 4.0 e le nuove esigenze di internazionalizzazione delle nostre imprese hanno inciso profondamente sul sistema produttivo locale, determinando l’emergere di nuovi fabbisogni professionali ma anche la tendenza all’esternalizzazione di intere fasi della catena produttiva.

Non è un caso se la ripresa occupazionale avviatasi nella seconda metà del 2014 e dovuta, oltre che al miglioramento della congiuntura economica, alla spinta delle novità normative introdotte in Italia dal Jobs Act, non è stata sufficiente a riportare in positivo il saldo occupazionale dell’industria, che nell’arco di un decennio ha visto la perdita di circa 63 mila posti di lavoro. Troppo profondi i cambiamenti che hanno interessato non solo la conformazione del tessuto produttivo regionale, ma anche l’organizzazione del lavoro all’interno delle stesse aziende.

Tali dinamiche, come anticipato, hanno determinato una sensibile crescita delle professioni poco o per nulla qualificate (+43 mila posizioni) e delle professioni a competenza elevata (+38 mila), e una consistente diminuzione delle professioni intermedie (-40 mila).

Analizzando l’andamento occupazionale per singola professione, si scopre che la crescita delle posizioni ad alta qualifica (dirigenti, professioni intellettuali, tecnici) si è concentrata nel terziario ma anche nel comparto industriale, mentre quella delle qualifiche più basse (personale non qualificato, addetti alle vendite e servizi alla persona) è relativa quasi esclusivamente al settore dei servizi. Il calo delle qualifiche intermedie sembra invece essere particolarmente importante nell’ambito delle costruzioni, del legno-mobilio e del tessile-abbigliamento-calzature. Nel metalmeccanico, dove verosimilmente si sono avvertiti maggiormente gli effetti del programma Industria 4.0, il processo di trasformazione della base occupazionale è evidente: a fronte di un calo nel decennio di oltre 6 mila posizioni a media qualifica e di circa 3.300 nella fascia bassa, si è registrato un incremento di quasi 5 mila posizioni di lavoro a elevata specializzazione.

Più nel dettaglio, nel caso dell’industria tra le poche professioni in crescita ci sono quelle legate all’ambito informatico/statistico, alla gestione delle attività commerciali e, per quanto riguarda le basse qualifiche, alle attività di pulizia e gestione dei magazzini. I profili che hanno pagato il prezzo più alto alla crisi sono quelle legate al comparto delle costruzioni e a qualifiche operaie intermedie: muratori, carpentieri, idraulici, elettricisti, pittori. Nel terziario, invece, gli incrementi occupazionali sono quasi interamente ascrivibili al mondo dell’istruzione e della formazione, anche per effetto della stabilizzazione degli insegnanti precari della scuola avviata negli ultimi anni, e al comparto turistico.

Se da un lato, quindi, i cambiamenti tecnologici e le trasformazioni nell’organizzazione delle aziende e del sistema produttivo sembrano necessitare di alte professionalità, sia nell’industria che in alcuni ambiti dei servizi, con competenze e conoscenze elevate, dall’altro molti ambiti del terziario continuano a manifestare un forte fabbisogno di manodopera a bassa qualifica. Con il rischio che la polarizzazione del mercato del lavoro si faccia sempre più marcata, sia per quanto riguarda la qualità dell’occupazione che le possibilità di inserimento nel mercato del lavoro, con un crescente divario anche in termini di remunerazione.

Per approfondimenti sulle trasformazioni che hanno interessato il mercato del lavoro regionale in termini di qualifiche professionali è possibile consultare il report disponibile nella Press Area di ClicLavoro Veneto.

Infografica polarizzazione MdL - ClicLavoro Veneto

  • Fonte: Redazione ClicLavoro Veneto

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