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Pubblicato il 01.07.2019

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: conosciamo i Centri per l’Impiego – I numeri

Intervista al Direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone su attività e risultati dei Centri per l’Impiego

Intervista a Tiziano Barone, Direttore di Veneto Lavoro - terza parte.
Clicca qui per leggere la seconda parte dell'intervista

Direttore, secondo l’Istat i Centri per l’Impiego trovano lavoro ad appena il 2-3% dei disoccupati. Un risultato poco confortante...

Questo è un mito da sfatare. Non che sia un numero falso, ma va letto e interpretato con attenzione. Innanzitutto dobbiamo sapere che è calcolato, tramite sondaggio, e quindi con tutte le implicazioni soggettive che un’indagine di questo tipo comporta, non sui disoccupati ma su quanti hanno trovato lavoro nell’ultimo anno e risultano quindi occupati al momento dell’intervista. Proiettando tale percentuale sul totale degli occupati significherebbe comunque che circa 400-500 mila persone in Italia hanno trovato lavoro grazie all’attività dei Centri per l’Impiego. Non mi pare un numero irrilevante. Del resto, in Europa non se la passano molto meglio di noi: la media UE è del 4%, la Germania arriva al 4,1%. La percentuale non si alza neppure analizzando gli altri canali di ricerca lavoro: l’autocandidatura viene considerata efficace nel 17% dei casi, la chiamata diretta di un datore di lavoro nel 6%, le agenzie di intermediazione private sono attorno al 5%. Se lo contestualizziamo quel 2-3% diventa comprensibile.

D’accordo, resta il fatto che la maggior parte dei disoccupati trova lavoro solo con le proprie forze.

Anche questo non è del tutto vero. Intanto dobbiamo considerare che non tutti i disoccupati si rivolgono a un Centro per l’Impiego. Si calcola che lo faccia solo uno su quattro tra quanti cercano lavoro, mentre gli altri si affidano prevalentemente a parenti, amici e conoscenti. Se volessimo valutare l’efficacia dei CPI nell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro sarebbe quindi più corretto considerare questo campione di popolazione disoccupata. Al di là delle dichiarazioni formali, inoltre, non tutti quelli che si recano presso un CPI sono in realtà effettivamente interessati a rioccuparsi, non nell’immediato almeno. In molti casi l’iscrizione è finalizzata al riconoscimento dello “stato di disoccupazione”, un passaggio amministrativo indispensabile per poter accedere all’indennità di disoccupazione o ad altre prestazioni di welfare. Basti pensare, ad esempio, ai lavoratori stagionali, il cui obiettivo prioritario, e spesso l'unico, è quello di coprire i periodi di inattività tra una contratto e l’altro. In Veneto sono circa 25 mila l’anno. Tornando alla percentuale Istat, quanti ricondurrebbero l’aver trovato lavoro a un corso di formazione o di aggiornamento professionale svolto qualche mese prima, a un tirocinio promosso dal Centro per l’Impiego o ai consigli forniti da un operatore del CPI su come scrivere un CV e cercare lavoro?

Quali sono allora gli indicatori più corretti per valutare l’efficacia dei servizi pubblici per l’impiego?

L’equivoco di fondo risiede nel pensare che il compito del CPI sia esclusivamente trovare un posto di lavoro alla persona disoccupata. Certo, l’obiettivo finale rimane quello, ma lo scopo del sistema pubblico per l’impiego è innanzitutto l’attivazione della persona in percorsi che possano favorirne una futura ricollocazione. Che è una cosa diversa. Da questo punto di vista la percentuale di disoccupati trattati dai CPI va ben oltre il 2-3% di cui leggiamo sui giornali. Abbiamo calcolato che su un totale di 140-150 mila persone che ogni anno si rivolgono ai Centri per l’Impiego del Veneto, la metà è interessata da almeno un intervento di politica attiva. Nello specifico, il 40% dei disoccupati risulta trattato con una misura di politica attiva mentre un ulteriore 10% beneficia degli incentivi all’assunzione previsti per determinate tipologie contrattuali. Complessivamente, il 66% di quanti rilasciano la DID trova lavoro entro 12 mesi. Solo in termini di intermediazione diretta, nel 2017 circa 10 mila persone hanno trovato lavoro grazie al CPI: 3-4 mila in seguito alla conferma di un tirocinio promosso dal Centro per l’Impiego stesso, 2.500 sono rapporti di lavoro relativi al collocamento mirato dei disabili, 2.400 assunzioni derivano da un servizio formale di incontro tra domanda/offerta e un numero non quantificabile di rapporti di lavoro sono in qualche modo scaturiti da servizi informali di incontro domanda/offerta. Osservando il fenomeno dal punto di vista di chi un lavoro ce l’ha, avvicinandoci quindi alla prospettiva utilizzata dall’Istat, i risultati non cambiano: il 41% degli assunti nel 2017 è transitato in qualche modo dal Centro per l’Impiego, mentre tra i giovani il 25% risultava iscritto a Garanzia Giovani. Poi ci sono le iniziative di recruiting, che noi abbiamo lanciato in maniera strutturale lo scorso novembre con il nome di “IncontraLavoro”: nell’arco di tre edizioni abbiamo messo a disposizione 4.500 posti di lavoro e coinvolto oltre 7.000 candidati. Questi sono i veri numeri del sistema pubblico dei servizi per l’impiego, almeno qui nel Veneto.

Una bella differenza rispetto alla percezione comune. Perché sui numeri del mercato del lavoro c’è spesso tanta confusione?

Il problema è la diversità delle fonti che producono statistiche sul mercato del lavoro. Se non si conoscono modalità delle rilevazioni e tipologia dei dati raccolti si rischia di fare confusione. A livello nazionale la fonte di riferimento è l’Istat, i cui dati si basano sull’indagine campionaria continua sulle Forze di Lavoro (Rfl), che comprendono occupati e persone in cerca di occupazione. Per Istat gli “Occupati” sono persone di età superiore ai 15 anni che dichiarano di aver effettuato almeno un’ora di lavoro nella settimana dell’indagine o, pur non avendola svolta, di possedere un’occupazione. Sono “Persone in cerca di occupazione” (e non “disoccupati”) coloro che non si dichiarano occupati, hanno cercato attivamente lavoro nei 30 giorni precedenti l’intervista e sono immediatamente disponibili (entro due settimane) ad accettare un lavoro qualora venga loro offerto. I dati “amministrativi”, quali sono ad esempio quelli rilevati da Veneto Lavoro, si basano invece su pratiche amministrative. Sostanzialmente sulle Comunicazioni Obbligatorie (CO), ovvero le comunicazioni che tutti i datori di lavoro devono obbligatoriamente trasmettere in caso di attivazione, proroga, trasformazione o cessazione di un rapporto di lavoro subordinato, e sulle DID, le Dichiarazioni di Immediata Disponibilità che i cittadini devono presentare al Centro per l’Impiego per ottenere lo stato di disoccupazione. Sono due fonti molto diverse, sia per il campione osservato che per le modalità di raccolta dei dati, e per questo difficilmente confrontabili, se non in termini di trend generali. Dal punto di vista della programmazione delle politiche, i dati amministrativi si rivelano molto più affidabili perché più precisi anche nel dato di dettaglio. Ma in termini di valori assoluti è inevitabile che differiscano.


continua...

 

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  • Fonte: Redazione ClicLavoro Veneto

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