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Pubblicato il 13.06.2019

L’editoriale di ClicLavoro Veneto: conosciamo i Centri per l’Impiego – I “clienti”

Intervista al Direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone sugli utenti dei Centri per l’Impiego

Intervista a Tiziano Barone, Direttore di Veneto Lavoro - seconda parte.
Clicca qui per leggere la prima parte dell'intervista

Direttore, per poter programmare al meglio i servizi è indispensabile conoscere con esattezza l’utenza dei Centri per l’Impiego. Chi sono, che caratteristiche possiedono e di quali servizi hanno bisogno i “clienti” dei CPI?

L’utenza dei Centri per l’Impiego è per la maggior parte rappresentata da disoccupati, ovvero persone che non hanno un lavoro e ne stanno cercando uno. Tale definizione sembra ovvia, ma in realtà è solamente dal 2015 che per essere considerati disoccupati da un punto di vista amministrativo, e accedere dunque ad ammortizzatori sociali e altre prestazioni di welfare, è necessario non solo essere privi di impiego ma anche dichiarare formalmente la propria “immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il Centro per l’Impiego”. L’ingresso nello “stato di disoccupazione” viene quindi sancito attraverso la presentazione di un’apposita “dichiarazione di immediata disponibilità” (DID) e la successiva stipula di un Patto di servizio personalizzato, nel quale vengono definite le attività da svolgere.

Quanti sono quindi i disoccupati che si rivolgono ai Centri per l’Impiego del Veneto per ricevere un aiuto nella ricerca di una nuova occupazione?

Parliamo di circa 140-150 mila persone all’anno, la maggior parte delle quali entra in disoccupazione alla conclusione di un contratto di lavoro a termine o perché è alla ricerca del primo impiego. Analizzando i dati degli ultimi anni sappiamo che circa il 25% dei neo-disoccupati è di nazionalità straniera, che le donne rappresentano la maggioranza (tra il 50% e il 55%), che i giovani sono un terzo del totale e che la quota di over 55 è in aumento. Inoltre, tre disoccupati su cinque risultano beneficiari di indennità di disoccupazione, a rimanerne esclusi sono sostanzialmente solo coloro che hanno perso un lavoro autonomo, si sono dimessi da un lavoro dipendente o sono alla ricerca del primo impiego, risultando quindi tecnicamente “inoccupati”. L’80% di quanti hanno presentato una DID ha anche stipulato il Patto di servizio. Gran parte delle mancate stipule è imputabile a diverse ragioni, si pensi ad esempio a quanti trovano lavoro entro brevissimo tempo. In un nostro recente studio, per cercare di definire meglio le tipologie di utenti che si rivolgono ai nostri CPI, abbiamo individuato quattro gruppi di disoccupati. Un primo gruppo, circa il 40% del totale, è rappresentato da quelli che nell’indagine abbiamo definito gli “Innanzitutto precari”: lavoratori spesso giovani e diplomati la cui carriera lavorativa è caratterizzata dall’alternarsi di impieghi temporanei e che rischiano di rimanere intrappolati in questi percorsi precari. Una quota analoga (37%) è rappresentata dai “Licenziati resilienti”, persone che hanno perso il proprio lavoro a seguito di licenziamento, più spesso nel settore dell’industria e in mansioni di profilo medio-basso, e che incontrano forti difficoltà a ricollocarsi sul mercato del lavoro. Un gruppo più limitato è quello dei “Da non disturbare” (13%), una definizione che nasce dalla consapevolezza che si tratta lavoratori impegnati in attività stagionali o insegnanti e collaboratori scolastici precari, che a dispetto delle dichiarazioni formali non sono immediatamente interessati a ricollocarsi in quanto hanno già un’ipotesi di lavoro futuro. Infine, i “Candidati al reddito di cittadinanza” (10% del totale), persone che hanno maggiori difficoltà ad uscire dalla condizione di disoccupazione, tipicamente donne, stranieri, soggetti in età matura o con grado di istruzione e qualifica professionale di basso livello.

Cosa accade ai disoccupati dopo essersi rivolti ai Centri per l’Impiego e aver stipulato un Patto di servizio?

Il percorso è generalmente di quattro tipologie: il 30% del totale rimane disoccupato per meno di un anno, una percentuale simile inizia un percorso di precarietà, alternando periodi di disoccupazione e lavori di breve durata, inferiori ai 6 mesi, il 10% resta disoccupato per più di un anno e il 25% per un periodo ancora più lungo. Molto spesso la durata della disoccupazione è direttamente proporzionale alla mancanza di esperienza lavorativa. Prendendo i dati del 2016, su un totale di 138 mila disoccupati, 48.500 (pari al 35%) hanno trovato lavoro entro un anno, 6.300 (4,5%) hanno dovuto aspettare più di 12 mesi, 43.700 (32%) hanno iniziato un periodo di precarietà più o meno lungo e 34.700 (25%) sono rimasti disoccupati. In attesa di trovare un lavoro, molti dei disoccupati iscritti vengono coinvolti in attività di politica attiva, che significa sostanzialmente formazione, o in esperienze di tirocinio.


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  • Fonte: Redazione ClicLavoro Veneto

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