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Pubblicato il 08.03.2018

Occupazione femminile: più donne al lavoro in Italia ma il divario di genere resta elevato

A gennaio 2018 il tasso di occupazione più alto di sempre, ma il gender gap tra uomini e donne pone l’Italia all’82esimo posto nel mondo

Mai in Italia ci sono state tante donne al lavoro come oggi, ma il divario di genere nel nostro Paese resta un problema irrisolto. Secondo i dati Istat di gennaio 2018, il tasso di occupazione femminile ha raggiunto il 49,3%, ovvero il valore più alto dal 1977, anno di inizio delle rilevazioni statistiche, quando soltanto una donna su tre era occupata. Che la partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia in costante aumento è dimostrato anche dalla diminuzione del tasso di inattività, che è sceso al minimo storico (43,7%). La crescita ha riguardato non solo il lavoro dipendente, ma anche il lavoro autonomo: i dati Unioncamere evidenziano che negli ultimi tre anni le imprese femminili sono aumentate di circa 30 mila unità, di cui 10 mila solo nel 2017 e 2.300 in Veneto. Il tasso di occupazione delle donne resta comunque di quasi 20 punti inferiore a quello degli uomini (67%) e tra i più bassi dell’Unione europea. Significative differenze ci sono anche in merito alla qualità del lavoro, che per le donne si rivela più precario, part time e meno pagato.

Anche in Veneto la crescita occupazionale degli ultimi anni ha interessato in maniera corposa anche l'universo femminile: analizzando i dati di Veneto Lavoro, liberamente consultabili tramite il servizio Creavista su www.venetolavoro.it, si scopre che solo nel 2017 circa 14.500 dei 34.000 posti di lavoro dipendente guadagnati riguardano donne, mentre estendendo l’analisi agli ultimi tre anni, la quota di posti “rosa” sale a quasi 50 mila. Il lavoro femminile, inoltre, ha retto meglio alla crisi, che ha colpito in maniera più pesante settori a forte connotazione maschile quali edilizia e industria, mentre i servizi, dove le donne sono più presenti, hanno continuato a crescere. Basti pensare che rispetto al 2008 si contano oggi circa 10 mila posti di lavoro in più occupati da uomini e oltre 45 mila in più occupati da donne. Le donne scontano invece un divario significativo in relazione ad alcune professioni, in particolare quelle con maggiori prospettive di sviluppo e legate a industria 4.0, trasformazione digitale e innovazione tecnologica.

Ma se è vero che la partecipazione al lavoro è aumentata, la qualità del lavoro femminile appare per alcuni aspetti peggiorata. Una nuova assunzione su due è a part time (a fronte del 24% registrato per gli uomini), sempre più spesso involontario, mentre nel 2008 la percentuale di contratti a orario ridotto era del 36%. L’incidenza dei rapporti a termine è più elevata (62%) e nell’ultimo anno ha ripreso a crescere. Il lavoro a chiamata ha registrato un vero e proprio boom, più elevato per le giovani donne under 30 che per qualsiasi altra categoria di lavoratori. E seppure più brave a scuola e più qualificate dei coetanei maschi si ritrovano spesso con lavori meno remunerativi e buste paga più leggere (dati Almalaurea). Un ultimo dato significativo è quello dell’Ispettorato nazionale del lavoro sul numero di dimissioni delle madri lavoratrici: nel 2016 sono state oltre 27 mila, la maggior parte delle quali ha lasciato il lavoro per problemi di conciliazione vita-lavoro o per l’elevato costo dei servizi di assistenza (asili nido o baby sitter).  

Anche questi fattori spiegano, in parte, perché nonostante la crescita occupazionale degli ultimi anni, secondo il Gender Gap Report 2017 l’Italia si piazzi all’82° posto su 144 Paesi (Francia e Germania sono all’11° e 12° posto) per il divario di genere, secondo un indice che prende in considerazione fattori quali la partecipazione economica e politica, le opportunità di lavoro, l’istruzione e la salute.

  • Fonte: Redazione ClicLavoro Veneto

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